Per scrivere questo articolo prendo spunto da un commento ricevuto alcuni giorni fa da Renzo, che ringrazio.
“Ciao Renzo,
la tua domanda è abbastanza complessa perchè in questa crisi non c’è un solo colpevole ma una serie di eventi che hanno portato il nostro settore a questa deprecabile situazione. Quel “qui va tutto in vacca” mi mette addosso una grande tristezza e un grande senso di impotenza. 5 anni fa, quando me ne sono venuto in Brasile, avevo scongiurato che le mie previsioni fossero sbagliate, purtroppo non lo sono state. Tutto il settore non è stato capace di cogliere le sfide che la globalizzazione stava imponendo, certi di un passato d’oro, non hanno colto la possibilità del cambiamento ma al contrario perpetrato gli errori di sempre. Può essere una magra consolazione, ma è un problema che non riguarda solo il porfido ma tutte le attività prettamente italiane.
Le cose cambieranno ne sono certo, ci vorrà del tempo ma le cose miglioreranno.”
Quello sopra è il mio commento di risposta alla domanda “qui sta andando tutto in vacca, di chi è la colpa?”
Proverò a descrivervi la mia visione dell’Italia da un punto di vista economico, in base alla mia esperienza lavorativa. Questi 5 anni di Brasile mi hanno dato l’opportunità di vedere l’Italia da fuori ed allo stesso tempo viverne gli avvenimenti tramite le storie di amici e familiari. Tramite la lettura di blog e giornali online, si percepisce una situazione macroeconomica congelata. Con le austerity calate dall’alto, i soldi destinati al rilancio dell’economia non ci sono proprio, i governi vanno in difficoltà per reperire 1 miliardo di € figuriamoci per coprire un debito di 2000! Chi si aspetterà un massiccio intervento dal governo per rilanciare l’economia, aspetterà a lungo, la bottega ha chiuso! Gli €uri per l’economia reale sono finiti, l’obbligo del pareggio in bilancio per gl’enti pubblici sta ammazzando le imprese, oggi c’è l’austerity e ne moriremmo. Siamo in una morsa, consapevolmente o no preferiamo svalutare salari, immobili e patrimoni invece di svalutare una moneta che scarseggia e aumenta di valore difficoltando le esportazioni. Una moneta può anche avere un alto valore ma se la gente non ne ha a disposizione a cosa serve?? Prima ci “educano” all’indebitamento, poi et voula, di soldi non ce ne prestano più ed il problema è solo nostro adesso. Comportamento quantomeno meschino se non criminale. In Brasile sta succedendo la stessa cosa, solo che dal mio punto di vista c’è più margine di manovra, la possibilità di avere la libertà di praticare delle politiche monetarie non è un vantaggio da poco. In questo periodo di turbolenze finanziarie avere la possibilità di poter svalutare la propria moneta è essenziale, chi ne trae principalmente svantaggio sono gli importatori, dovendo comperare all’estero con valute più care. I prezzi dei prodotti importati tendono ad aumentare ma almeno dalle dichiarazioni ufficiali l’inflazione sembra essere sotto controllo. Dall’altra parte però se ci fosse un comparto industriale brasiliano ben organizzato potrebbe trarne vantaggio, il fatto che gli importatori siano costretti ad aumentare i prezzi dei loro prodotti avantaggia i produttori locali. Purtroppo però il comparto industriale brasiliano non è ben organizzato e non riuscirà appieno nel tentativo di cogliere questa opportunità. Discorso diverso è per il comparto industriale italiano, che per decenni ha dato prova di un invidiato dinamismo e flessibilità, ma che oggi si trova ad affrontare una crisi terribile.
Senza le piccole e medie imprese l’Italia schiatta, sono loro che tengono unito il tessuto sociale, rinunciare a quest’ultime significa arrendersi e destinare l’Italia ad un lungo declino. Troppo spesso la politica italiana si è occupata solo di grandi imprese, grandi gruppi, senza badare al piccolo, al più debole, a cosa serve uno Stato se non a tutelare i più deboli? Purtroppo questo non succede, anzi avviene proprio il contrario, oramai quei pochi margini di manovra economica concessi dalla UE, sono tutti a favore di alcune potentissime lobby.
Ma il problema principale oggi per l’Italia e per l’Europa, è un problema macroeconomico e si chiama €uro. Oramai anche i premi Nobel consigliano un’ uscita ordinata dall’€. Le possibilità che la Germania rinunci ai benefici derivati dall’€ stesso sono pari a zero, se non usciamo al più presto da questo giogo, l’austerity continuerà, statene certi. Ormai la politica italiana è stata esautorata dai propri poteri economici, le scelte economiche le fanno a Bruxelles e l’Italia dev’essere deindustrializzata. Naturalmente questo non esclude il malgoverno, la corruzione e l’evasione fiscale ma da porre in secondo piano rispetto ai danni che l’€ oggi sta causando all’Europa intera.
Stiamo assistendo ogni giorno di più alla perdita di posti di lavoro, senza lavoro la gente è disperata e dio sol lo sa cosa è disposta a fare. L’€ sta disintegrando tutte quelle attività manifatturiere tipiche dell’Italia, perchè oggi vale la pena importare più che produrre in loco. Così degli interi distretti produttivi vengono spazzati via, senza prima pensare a come questi possano essere riconvertiti. Meno lavoro, meno gettito per lo stato che aumenta le tasse e taglia nella formazione. Di questo passo l’Europa brucerà! Quella che si credeva essere un Europa solidale si sta trasformando sempre più in un progetto di disgregazione sociale dove la forbice tra ricco e povero si sta ampliando a dismisura. D’altra parte, cosa vogliamo ottenere se ai diritti dei cittadini anteponiamo una moneta, già lo sappiamo. Non mi sento di esagerare nell’affermare che l’€ è uno strumento fascista creato dalle élite per soggiogarne i popoli e come dice Bagnai: “Opporsi all’euro è l’unico segnale che oggi rimanga a un cittadino europeo per dichiarare il proprio dissenso dal metodo paternalistico con il quale l’élite mette il popolo di fronte al fatto compiuto, affinché il popolo vada dove l’élite vuole condurlo.”
S.