Dovevano passare cinque anni e una pandemia per farmi tornare a scrivere.
Ed eccomi qui, sempre in Brasile, anzi, in questo momento, bloccata in Brasile, già che noi facciamo parte di quella lista di paesi a cui l’Italia ha chiuso le porte. E come darle torto?
Se la pandemia, a livello mondiale, è stata un evento surreale, qui in Brasile è stato (e continua ad essere) delirante. L ‘ultimo giorno di Carnevale (toh, che coincidenza!) è stato reso noto il primo caso di Covid-19 a San Paolo, e nel giro di 2 settimane i numeri hanno cominciato a salire esponenzialmente, tanto che qui in Pernambuco, intorno alla metà di marzo, hanno pensato bene di giocare d’anticipo e chiudere scuole e commercio in genere.
E così è cominciata la nostra quarantena, non senza polemiche, paura e scetticismo. Ma senza regole precise, che potessero essere applicate a tutti. Perchè qui, niente è applicabile in ugual modo all’intera popolazione, così diversa e e così divisa, quando si tratta di diritti, doveri e possibilità.
Dunque la quarantena l’ha fatta chi ha potuto, chi poteva lavorare da casa, chi poteva stare a casa grattandosi e guadagnando lo stipendio fisso, chi era in pensione. Ma molti, anzi, moltissimi, non si sono potuti fermare, non hanno avuto questo privilegio, perchè qui, la stragrande maggioranza delle persone, se perde un giorno di lavoro, il giorno seguente non ha da mangiare. O anche perchè, in una casa di 20 mq, ci vive una famiglia intera. E non è che tutti hanno l’acqua corrente. E comunque, in favela, evitare gli assembramenti è praticamente impossibile.
Ma la quarantena brasiliana è stata molto curiosa, perchè molti adoravano proclamarsi in quarantena, ma il confinamento non impediva di andare dai parenti, ricevere visite di amici intimi (tanto di loro ci si fida, chiaro) o vedere il proprio fidanzato/a. L’amore non porta il virus. Molti sono stati gli escamotage per potersi abbracciare: dall’insacchettarsi dalla testa ai piedi e chiudere tutto con un nastro adesivo, al creare una parete di cellofan alla porta d’entrata e potersi toccare protetti da quel millimetro di pellicola trasparente. Insomma, il divieto (comunque non tassativo) di uscire non includeva familiari e amori, tranne che per rarissimi casi.
Ma quanto può mancare una abbraccio? Tantissimo, come mai avrei immaginato.
E così sono passati più di 100 giorni, 100 e più giorni di una realtà distopica.
A.