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Seguendo l’onda del mare

 

di Giulia in Myanmar

 

Ngwe Saung 20 e 21-04-13 (1)No, io non faccio surf. Mentre l’Anna era alle prese con le onde, io nuotavo tranquillamente, cercando di evitarle, o facevo tutte, o quasi, le attività menzionate nell’articolo su cosa si fa al mare in Brasile. Confesso che una volta ho provato anche il banho de lua, ma ecco, solo una volta!

Dopo anni a Recife e praticamente ogni fine settimana in spiaggia, ora vivo a Yangon e devo dire che le mappe spesso ingannano. Quando, nel 2008, ho trovato lavoro a Rio Branco, in Amazzonia, non avrei mai pensato di dover prendere due aerei per arrivare a Rio de Janeiro, impiegandoci in totale 7 ore. Simile illusione anni dopo: Yangon sulla mappa sembra sul mare, ma la spiaggia più vicina, almeno quella con un minimo di struttura e balneabilità, è a 4-5 ore di macchina – e la seconda e ultima volta in cui ci sono andata, in autobus, ci ho impiegato 13 ore.

Il mare, almeno dove sono andata finora, è molto simile a quello del nord-est brasiliano: caldo, abbastanza calmo, azzurro-verde chiaro e circondato da cocchi. Tutto il resto è diverso. Continua la lettura di Seguendo l’onda del mare

Un bicchiere di tè

di Giulia in Myanmar

Mercado de rua perto do Shwedagon (17)

Poco fa, mentre mettevo a posto in ufficio e facevo l’archivio, vedo per almeno il terzo giorno consecutivo un bicchierino di tè su un tavolo che usiamo normalmente per lavoro. Un pò irritata – chi mi conosce sa che in ufficio, a casa no, mi piace avere tutto in ordine – dico alla segretaria che sono giorni che c’e’ questo bicchiere pieno sul tavolo e che tra l’altro è in una posizione delicata perché può cadere da un momento all’altro sul computer del progetto. Ma proprio mentre inizio a lamentarmi vedo,dietro al bicchierino,un’immagine di Budda e mi si accende una lampadina … e voilà, la mia collega, timida e timorosa, me lo spiega: e’ il tè per Budda.

G.

Dal Brasile al Myanmar

di Giulia
 dal brasile al myanmarIl 14 febbraio di quest’ anno, alle 6 di mattina, ho preso un taxi dalla casa dei miei amici trentini – direzione aeroporto di Recife. Ho pianto per un’ora, inconsolabile, mentre il tassista continuava a ripetere la stessa parola: saudade.
Il 16 febbraio, alle 10 di mattina, sono atterrata a Yangon, dopo aver volato per due giorni interi con brevi pause, solo per cambiare aereo, a San Paolo, Barcellona e, infine, Singapore.
Quando facevo le medie, e andavo ogni estate dalle Marche in Calabria, una mia amica mi scrisse che aveva capito quanto fossimo lontane guardando le previsioni del meteo in tv; una volta atterrata in Myanmar, dopo aver alzato mille volte lo sguardo verso il monitor dell’aereo che mostra la distanza percorsa e il tempo che rimane per arrivare a destinazione, ho ripensato alla mia amica e mi sono convinta che non avrei più detto che “il mondo è piccolo”.
L’ Asia, e detto così evoca l’esotico quanto “America Latina, l’avevo conosciuta solo attraverso le parole di Tiziano Terzani. Dopo 5 anni in Brasile, 4 dei quali a Recife in compagnia, tra l’ altro, dei due trentini, dovevo iniziare una nuova vita dall’altra parte del mondo: nuovo lavoro, nuovi amici, nuove abitudini.

Ora, dopo mesi di saudade, sto scoprendo il piacere di vagare per pagode e templi di varie religioni, provare un massaggio di un’ ora a 2 euro, assaporare spezie e cavallette fritte, stare 3 giorni in un monastero buddista, imparare qualche parola di birmano e, semplicemente, il piacere di sentirmi a casa. Anche qui.

G.