In Brasile possiamo trovarci male, criticare la gente per lo stile di vita tranquillo e no stress (alla faccia del famoso italiano “dolce far niente”), lamentarci dei problemi e dei servizi basici, tutto possiamo dire, ma non di certo che non sappiano vivere. Chissà che il detto dei nostri nonni “si stava meglio quando si stava peggio” non sia vero. Che poi il meglio e il peggio sono anche quell’attimo soggettivi, no? Beh, forse in un altro post molto più vecchio l’avevo già detto, ma mi piace sentire la gente semplice che mi dice “ah, in Brasile sì che si vive bene”. E sentirmelo dire da chi prende il salario minimo, sapendo che con quei soldi lì e con il costo della vita qui in continua crescita esponenziale non si può vivere poi così bene, mi commuove!Lo so, lo so… chi non conosce quello che c’è al di là non può giudicare. Forse. Ma per dire che in un posto si sta bene bisogna per forza avere un altro termine di paragone? Io non credo. Se stanno bene è perchè è vero. E vi assicuro che la vita qui nel Nord-Est brasiliano non è per niente semplice, sotto moltissimi aspetti (dalle piccole azioni quotidiane, alle burocrazie più complesse).
Vedere uno spazzino (sì, chiamiamolo spazzino, che c’è di male??? Odio quella definizione così politicamente corretta di operatore ecologico) che lavora qui -e vi assicuro che qui non è come spazzare le stradine di un nostro centro storico- che fischietta allegramente, nonostante sia vestito da palombaro per proteggersi dal sole terribilmente forte, ti mette subito di buon umore. Dovremmo imparare da loro, a non lamentarci troppo. Ad amare quello che abbiamo. Alla fine cos’è la felicità?? Non erano state fatte delle ricerche sulla felicità dei vari paesi del mondo e ne era risultato che i paesi più felici erano proprio alcuni dell’America del Sud? Mica la Germania, no no.
Come si misura la felicità non ve lo so dire, ma alla fine basta guardare la gente in faccia.
E qui mi fermo.
A.